Siete Psicopatici ? Bisognerebbe che faceste un test
PCL:SV, ma tranquilli, la probabilità che lo siate, è dell’1,2% circa.
Il test PCL:SV è una derivazione, sempre di Hare, del più famoso PCL:R, che viene applicato a soggetti carcerati, per la diagnosi di Psicopatia. Il primo consta di 12 item/domande, e il massimo totalizzabile è 24, il secondo ha 20 item, ed un massimo di 40. Sono molto simili; in sostanza il PCL:SV può essere impiegato nelle ricerche su vasta scala, nella popolazione generale.
In blu gli articoli, in nero considerazioni mie.
Da uno studio di
Neumann (2008) su 514 adulti non carcerati.
Il punteggio
medio PCL:SV era 2,67 (SD
= 3,50) per il campione totale, 3,53 (SD = 3,79) per i maschi, 2,16 (SD = 3,23) per le
femmine, 1,70 (SD = 2,80) per i bianchi, 3,86 (SD = 4,06 ) per gli
afroamericani.
La distribuzione dei punteggi
PCL:SV in questo campione è coerente con i risultati di altri studi su grandi
comunità (Coid et al. in stampa; Farrington, 2006). In ogni studio, la maggior
parte dei partecipanti aveva punteggi PCL:SV molto bassi (< 3), suggerendo
livelli clinicamente significativi di psicopatia sono rari per gli individui
all’interno della popolazione generale. Solo l'1,2% dei partecipanti al presente
campione ha ricevuto un punteggio superiore a 12, un punteggio utilizzato come
indicazione del potenziale psicopatia tra i pazienti dello studio MacArthur
(Monahan et al., 2001).
Più del 50% fa
0-1 e i due terzi 0-2. L’1,2%
totalizza 13/+ (Psicopatia potenziale) (maschi 1%, femmine 1,2%, negri
1,9%, 1% bianchi).
Il presente
studio indica che i fattori PCL:SV sono associati a comportamenti violenti, uso
di alcol e intelligenza più o meno allo stesso modo in cui lo sono nel caso dei
delinquenti e in quelli psichiatrici.
I risultati della
modellazione sovraordinata sono supportati da studi che dimostrano che la
covariazione di tendenze antisociali e altri tratti psicopatici riflettono fattori genetici
comuni (Larsson et al., 2007; Viding et al., 2007). Fattori ambientali, come
l’esposizione ad abuso/abbandono
(Weiler &Widom, 1996), può anche svolgere un ruolo nel desensibilizzare la
reattività emotiva degli individui e lo sviluppo di disposizioni psicopatiche
aggressive. Da una prospettiva di psicopatologia dello sviluppo, interventi volti a prevenire
l’evoluzione della personalità psicopatica comportano l’identificazione
precoce e persistente di individui ad alto rischio con comportamento
antisociale persistente e un precoce trattamento nel corso dello sviluppo della
personalità (Belsky, 2007).
In uno studio di Coid
(2009) su 638 persone “normali”, non carcerati, usando un cut-off di 13, gli psicopatici sono
lo 0,6% della popolazione (IC 0,2-1,6)
I punteggi di psicopatia erano correlati
a: età più giovane,
genere maschile;
tentativi di suicidio,
comportamenti violenti,
detenzione, senzatetto; dipendenza
dalla droga;
disturbi di personalità istrionico,
borderline e antisociale dell'adulto; attacchi di panico e disturbi ossessivo-compulsivi.
I ricercatori hanno adottato un
punteggio pari o superiore
a 18 come punteggio limite conveniente per "probabile psicopatia" e punteggi
compresi tra 13 e 17
come indicazione di "possibile
psicopatia".
La prevalenza a ogni livello di
psicopatia misurata utilizzando il PCL: SV era più elevata negli uomini
rispetto alle donne, con un rapporto di genere complessivo di 4:1. PCL:SV medio 1,02 (SD=0,12): 1,52 (SD=0,16) per gli uomini e 0,54 (SD=0,08) per le donne.
Con il PCL: SV viene utilizzato un
punteggio di 13 per la psicopatia “possibile”. Usando questo cut-off, lo 0,6% del campione di uomini e
donne ha raggiunto la soglia. Il ricalcolo utilizzando un cut-off
ridotto di 11 ha prodotto una prevalenza del 2,3%; 3,7% negli uomini e 0,9%
nelle donne.
Dati da ricordare : PCL:SV medio 1,52 per gli uomini e 0,54 per
le donne.
Con un cut-off di 13, psicopatia possibile, lo 0,6% della popolazione è
psicopatico. Usando un cut-off più basso, di 11, il 2,3% della
popolazione è psicopatico.
Rapporto uomo donna 4:1 e non è ancora ben spiegato il perché !
La figura suggerisce una distribuzione
quasi continua (o semi-normale)
dei tratti psicopatici, rappresentata da un sottogruppo della popolazione, con la maggioranza (70,8%) delle
persone che non mostrano tratti psicopatici.”
Quindi ben il 70,8% dei soggetti normali totalizza 0 al PCL:SV !
La distribuzione semi-normale è una distribuzione
normale troncata per avere una densità di probabilità diversa da zero solo per
valori maggiori o uguali alla posizione del picco. La media è 0.
Da un punto di vista epidemiologico, la
distribuzione dei sintomi o dei tratti ha forti implicazioni eziologiche. È probabile che la
psicopatia sia determinata da molteplici fattori (Lilienfeld, 1998).
Pertanto, non ci si sarebbe aspettata una vera distribuzione dicotomica che
indicasse un’unica causa. Un'esposizione congiunta simultanea a diversi fattori
di rischio (completa compartecipazione delle cause) avrebbe comportato una distribuzione
bimodale dei
punteggi di psicopatia. Si ritiene invece che una distribuzione normale continua sia determinata
dagli effetti di molteplici fattori di rischio moderati, di grandezza simile,
che agiscono in modo additivo e indipendente (van Os & Verdoux,
2003). Tuttavia, la forma semi-normale
dei punteggi di psicopatia nella popolazione familiare generale della Gran
Bretagna punta nella direzione di vari fattori di rischio con diversa potenza che contribuiscono in modo
indipendente, ma con un certo grado di co-partecipazione.
Interessante anche il rapporto, la correlazione, fra il punteggio PCL-SV e i disordini dell'Asse II.
Da un altro studio di
Brazil (2016) risulta che :
Il punteggo del PCL-SV è correlato
alla violenza, al consumo di alcol e negativamente con l'intelligenza linguistica.
Tuttavia, solo al massimo
un 2% del campione ha ottenuto un punteggio superiore a 12, suggerendo
che anche i punteggi più bassi sulla scala possono predire
risultati significativi come la tendenza alla violenza e al consumo di alcol.
Da una recente meta-analisi di
Sanz (2021).
Nonostante tutti i dati che supportano la validità e l'utilità del costrutto della psicopatia, una fonte di controversia sulla psicopatia, riguarda la possibilità di considerarla come un costrutto categorico o dimensionale. Una classificazione categoriale consente una chiara differenziazione tra le persone che soffrono di psicopatia e persone sane, perché ci sarebbero differenze qualitative fra loro. Al contrario, se è considerato costrutto dimensionale, e quindi una variante disadattiva della personalità normale, ci sarebbero solo differenze quantitative tra tali persone. Quest'ultima possibilità è avvalorata da un crescente supporto scientifico nella letteratura.
Come risultato,
negli ultimi anni, c’è un forte interesse per lo studio della presenza e
influenza della psicopatia nella vita quotidiana, dal mondo del lavoro alle
relazioni di coppia (Hare, 2003b, Dutton, 2012; Babiak e Lepre, 2019; Fritzon
et al., 2020).
La letteratura
scientifica riconosce l'esistenza di persone con alti livelli di psicopatia che
non sono delinquenti o violenti, i cosiddetti “psicopatici integrati”. Riconosce anche l'esistenza
di persone con alti livelli di psicopatia che ottengono un grande successo
nella propria vita, i cosiddetti “psicopatici di successo”. Il costrutto della “psicopatia di
successo” si riferisce a quei tratti della personalità psicopatica come la mancanza di paura, elevata fiducia
in se stessi o carisma, che in alcuni casi può essere utile in certi contesti
(Dutton, 2012; Lilienfeld et al., 2015).
In questa
direzione, sono stati osservati livelli più elevati di tratti psicopatici in
alcune professioni o occupazioni (imprenditori, manager, politici, investitori, venditori, chirurghi,
avvocati, dipendenti nel telemarketing). La ragione di ciò potrebbe
essere che proprio questi tratti potrebbero facilitare i compiti inerenti a
quelle professioni o occupazioni, e persino determinarne il successo (Hare,
2003b; Dutton, 2012; Babiak e Hare, 2019; Fritzon et al., 2020). Tra queste
professioni, alcune sono tipicamente correlate a impieghi d’ufficio, i
cosiddetti “colletti bianchi”; quindi è stato coniato il termine “psicopatia dei colletti bianchi”,
sebbene venga utilizzato anche il termine “psicopatia aziendale” o “psicopatia
organizzativa”.
Dutton (2012) ha
trovato che, nel Regno Unito, le 10 professioni con i più alti livelli di tratti
psicopatici erano amministratori
delegati di aziende, avvocati, personaggi radiofonici o televisivi, venditori,
chirurghi, giornalisti, preti, agenti di polizia, cuochi e dipendenti pubblici.
D’altra parte, le 10 professioni con i livelli più bassi di psicopaticia erano gli assistenti socio-sanitari, gli
infermieri, i terapisti, gli artigiani, stilisti, operatori di beneficenza,
insegnanti, artisti creativi, medici e contabili.
Nella stessa
direzione, Lilienfeld et al. (2014) hanno scoperto che le persone in una posizione manageriale sul
lavoro avevano livelli più elevati di tratti psicopatici rispetto a coloro che
non occupavano tali posizioni, e che coloro che hanno svolto lavori con rischi professionali (agenti di
polizia, vigili del fuoco, militari, minatori) avevano livelli più alti
di tratti psicopatici rispetto a quelli che lavoravano in mansioni senza
rischio professionale. Anche i datori di lavoro hanno mostrato valori più alti livelli di
tratti psicopatici rispetto a psicologi e altri professionisti della salute
mentale.
I 16 campioni includevano un totale di 11.497 persone che erano in maggioranza
studenti universitari, con sette campioni (43,75% del totale dei campioni),
adulti della comunità, con sei campioni (37,5%) e i restanti tre campioni di
partecipanti reclutati da diverse organizzazioni (18,75%).
I campioni dei
partecipanti provenivano principalmente dagli Stati Uniti,
con cinque
campioni (31,25%), il Regno Unito, con 3 campioni (18,75%), Canada, con due
campioni (12,5%), Australia, con due campioni (12,5%) e la Svezia, con due
campioni (12,5%), con i restanti due campioni provenienti dal Portogallo e Belgio
Ho evidenziato con un riquadro rosso i due studi visti
prima, che, tra parentesi, usano lo stesso strumento (PCL:SV) e gli stessi
cut-off (≥ 13 e ≥ 18), per la definizione di Psicopatia.
Ecco i risultati dei vari studi.
Un bel casino ! Notate che, sull’ascissa,
0,1 vuol dire prevalenza del 10%, 0,2 prevalenza del 20%. In rosso i risultati
dei due studi mostrati precedentemente.
Come vedete, gli studi esaminati vanno dal 1994 al
2017, la prevalenza della Psicopatia nella popolazione generale, varia dallo 0%
al 21% ! Un dato chiaramente troppo variabile, e la media ponderata sarebbe
4,5% (dove c’è la riga verticale).
Come mai queste differenze “abissali” ? Lo dicono gli
stessi autori. E’ determinante il tipo di strumento usato per la diagnosi di
Psicopatia, e il tipo di campione (sesso etc.).
Guardate la figura sotto che chiarisce la situazione.
Come si può
vedere, gli studi che utilizzano strumenti diversi rispetto al PCL-R hanno riscontrato tassi
di prevalenza della psicopatia molto più elevati (più che tripla o quadrupla, in media)
rispetto agli studi che hanno utilizzato il PCL-R o una qualsiasi delle sue
versioni, con la prevalenza combinata del 5,4% [IC 95% (1,9, 9,5%)] nel primo caso, e solo
dell’1,2% [IC al
95% (0–3,7%)] quando si utilizza il test PCL-R o una qualsiasi delle sue
versioni.
Il PCL:R e le sue varianti (PCL:SV) sono considerati
il gold standard per la diagnosi di Psicopatia. Mi pare ragionevole considerare
l’1,2% come
prevalenza della malattia nella popolazione generale.
Interessante la considerazione che la prevalenza della
Psicopatia negli autori di
un omicidio varia dal 27,8% (usando il PCL:R) al 34,4%.
Nei carcerati
in generale, usando il PCL:R
è del 15,7% nei maschi e
10,3% nelle femmine.
Un’altra interessante analisi è per sottogruppi di
popolazione. Fra gli impiegati
in alcune ditte e compagnie (quadri, dirigenti, acquisti e forniture professionisti,
addetti alla pubblicità) la prevalenza della psicopatia è del 12,9% ! Fra gli studenti universitari dell’8,1%
!
Mie considerazioni finali
La Psicopatia non ha una distribuzione normale, ma
semi-normale. Nel PCL:SV lo score va da 0 a 24. Non trovate la vostra bella
campana di Gauss, come nella glicemia, magari abbastanza appuntita, con la
media, per esempio, a 7. La frequenza
cala subito, vistosamente, e la media è molto bassa, abbiamo visto nel primo
studio 2,67 e nel secondo studio 1,02. Circa il 71% dei soggetti totalizza
0 al PCL:SV !
Mediando i vari studi, si può dire che circa l’ 1,2% della popolazione ha un
PCL:SV ≥ 13, che indica una possibile psicopatia. Gli Psicopatici sono
rari, quindi, ma, se fate il test… è meglio avere valori bassi !
Il punteggio al PCL:SV, anche se non raggiungete la
fatidica quota 13, indice di psicopatia, è comunque correlato a : tentativi di
suicidio, violenza, detenzione, vagabondaggio, consumo di droghe. Oppure, non
siete psicopatici, ma soffrite comunque di personalità Istrionica, Borderline o
Antisociale... Tutto questo quanto più è alto il vostro punteggio.
Interessante la considerazione epidemiologica che
porta, come eziologia a ipotizzare:
“vari fattori di
rischio con diversa potenza che contribuiscono in modo indipendente, ma con un certo grado di co-partecipazione”.
Esempio da una parte, fattori genetici/biologici che
contribuiscono per l’80%, e dall’altra fattori ambientali (abusi nell’infanzia
etc.) che contribuiscono per il 20%, come ipotizzava Fallon.
Ci sono notevoli differenze, a seconda della
professione, e negli studenti universitari. Com’è logico, la prevalenza è molto
più alta nei carcerati in generale, e ancora di più negli autori di omicidi.
P.S. Nella foto in copertina avrete senz’altro riconosciuto Ted Bundy. Il suo PCL:R era di 39 su 40 ! Praticamente lo psicopatico puro, come le sue gesta hanno tristemente confermato. Non uno sguardo particolarmente minaccioso… magari si nota il fatto che sorride leggermente con la bocca, ma non con gli occhi (sorriso falso, non quello spontaneo, detto sorriso di Duchenne), e questo può mettere a disagio, la famosa “inquietudine” che provano tutti, quando si trovano al cospetto di uno psicopatico.
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