Immagino abbiate visto tutti la deposizione di JB al processo.
Oggi vi propongo l’analisi di un’utente del forum, Giorgiorgiola , al
riguardo.
E’ un’analisi solo apparentemente scherzosa. In realtà mostra un’abilità
non comune di introspezione psicologica, ed eccezionale capacità di cogliere il
minimo dettaglio.
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Joseph Bevilacqua nella primavera
del 1994, quando mancano poche settimane all’inizio del Processo contro Pietro
Pacciani, si presenta agli inquirenti con una testimonianza che viene ritenuta
importantissima. Nel settembre 1985 ha visto le vittime francesi Jean-Michel
Kraveichvili e Nadine Mauriot in via Scopeti, due volte. L’ultima delle quali
ha notato anche una “figura” che, con fare furtivo, è sparita in un campo che
porta a un bosco che porta alla piazzola teatro del duplice omicidio.
La sua testimonianza, che trovate su YouTube, sarà ritenuta
fondamentale per inchiodare Pacciani agli Scopeti e farlo condannare
all’ergastolo in primo grado.
Vediamo come.
Stanlio dov’è?
1994, 6 giugno, Firenze, Tribunale. Quando Joseph Bevilacqua
entra in aula e va a sedersi al posto dei testimoni, Pacciani sembra in stato
catatonico. Con lo sguardo fisso leggermente aggrottato, il muso stretto
attorno all’immancabile stecchino, sbatte appena gli occhietti mentre lo vede
passare. Gli sembra di vedere Onlio, così grande e grosso, con quella strana
andatura tra il claudicante e il ballonzolante. Quando il microfono si accende
e l’omone comincia a parlare, Pacciani non ha più dubbi, ora è sicuro: quello è
davvero Onlio! E Stanlio? Pacciani si guarda attorno, magari ora entra anche
lui. Invece no. Che strano, pensa Pietro.
Pacciani, diciamocelo, capisce solo quelli che parlano la sua
lingua, il vernacolo della Val di Pesa, per il resto c’è l’avvocato Fioravanti
che oltre al ruolo di difensore ha due funzioni accessorie importantissime:
traduce all’imputato in un linguaggio semplice e comprensibile quanto si dice e
succede nell’aula, e lo placca (si va dallo schiaffetto sulle mani
all’abbraccio fermo e avvolgente) quando il Vampa dà in escandescenze. In più,
l’avvocato Fioravanti è anche un discreto mimo, ma questo lo vedremo più
avanti.
L’agente Peppe e l’importanza della geografia
Bevilacqua entra in aula. Lo vediamo camminare di profilo,
quasi di spalle. A osservarlo bene non si può non notare che fa un gesto veloce
con la mano: si tocca il naso. Ahi ahi, signora Longari! Alfrè, dici che è per
quello? Poi gira di scatto la testa verso la corte, porgendo la nuca alle
telecamere.
Si accomodi prego.
“Vuol dare le sue generalità?” è l’invito del Presidente della
Corte”.
“Scusi non si sente bene, non si è sentito scusi”. Iniziamo
con un chiasmo: ci tiene proprio a dire che è sordo. Lo ripete due volte e con
l’impersonale invece che con la prima persona singolare. Il dottor Cal Lightman
direbbe che sta mentendo. Ma non siamo su “Lie to me”, lo spettacolo è appena
iniziato, stiamo sereni, non facciamo i prevenuti.
“Mi chiamo Bevilacqua Giuseppe”. Stop, fermiamo subito. Nel
2011 al ministero degli Esteri risulta Joseph e solo Joseph. Adesso Peppe?
Invece di dipanarsi la matassa si aggroviglia. Vabbè, proseguiamo.
“Sono un americano, sono un funzionario di un governo
straniero”. Direttore di cimitero faceva brutto.
“Ah, ho capito, italo-americano immagino… di origine” commenta
con divertita sagacia il presidente.
Per Bevilacqua dev’essere un complimento perché dice “grazie”.
“Benissimo” replica ilare il Presidente, indeciso se
rispondere “Prego”.
“Senta, dov’è nato?”.
Oooh, direbbe l’avvocato Bevacqua. Ecco, diccelo Bevilacqua!
Giusto perché il filone Virgillito su piazza Fontana ci ha lasciato il dubbio.
Totowabora (ma si scrive così?) o Paterson? Shhh, risponde.
“Io New Jersey che è in Stati Uniti”. Grazie Peppe per la
precisazione, hai capito che il Presidente non la mastica la geografia...
Ok, New Jersey e fin qui c’eravamo già, sia Totowa che
Paterson sono in New Jersey. Ma dove esattamente?
Niente, il Presidente si limita a ripetere “New Jersey”.
“Sì” conferma Bevilacqua, senza aggiungere altro.
“New Jersey, Stati Uniti” ha finalmente capito il Presidente.
Gliel’abbiamo fatta! Ha localizzato lo Stato, speriamo anche il continente. Sì,
ma dove di preciso?
Il luogo di nascita, niente, lui non lo dice e nessuno glielo
chiede. È insolito in un processo.
Almeno la data di nascita corrisponde a quella riportata dal
ministero degli Esteri: 1935, 20 di dicembre. Ho verificato nell’audio della
sezione Processi di Radioradicale.it perché nel video di Insufficienzadiprove
la data di nascita è tagliata.
Insomma sono trascorsi 57 secondi da quando è entrato in aula
e ci sono già più dubbi di prima. L’unica certezza è che è nato.
Il “pacco” in tv
Arriva la fatidica domanda: “Acconsente alle riprese
televisive?”
Dì sì, ti prego! Sì! Sì!
“No!”. Secco, senza appello. Che ingenui a sperare. Metti che
Alfredo sia un fan di “Un giorno in Pretura”, potrebbe scoprire che in realtà
si chiama Peppe...
Niente, dobbiamo accontentarci di una figura seduta
decapitata, con la camicia tesa allo spasmo sopra la panza, la cravatta che
ogni tanto scopre squarci rotondi tra un bottone e l’altro. E proprio al centro
dell’inquadratura che c’è? Il suo “pacco” strizzatissimo dal cavallo dei
pantaloni e le mani che un po’ tengono gli occhiali un po’ picchiettano proprio
lì. Per quasi 48 minuti.
Mi sono sempre chiesta perché nella versione attuale del
processo su “Un giorno in pretura” manchi l’unico testimone oculare che
inchioda Pacciani agli Scopeti il famoso “giorno prima”. Non vorrei fosse per
questo.
Il Mostro al bivio di Sant’Andrea
Inizia l’esame il Pm, Paolo Canessa. A Canessa riconosco una
sola grande virtù, che non è da poco: parla benissimo l’italiano, con lessico
semplice e appropriato, scandendo alla perfezione. E infatti Bevilacqua capisce
tutto. Nessun problema di audio. Anche per Pacciani non si rendono necessari i
sottotitoli.
Si discute del duplice omicidio nella piazzola di via Scopeti
del settembre 1985. Il giorno preciso non si sa perché i periti non sono
d’accordo su quale sia la notte del massacro: venerdì 6, sabato 7 o domenica 8.
Una matassa fatta di mosche, larve, umidità, temperatura difficile da
sbrogliare. L’unico che non ha dubbi al riguardo è Canessa: per lui è domenica.
All’epoca del duplice delitto, nel 1985, Bevilacqua conferma
di lavorare al cimitero dei Falciani, territorio USA la cui area arriva a
lambire il tratto di via Scopeti teatro del crimine. Peppe conferma di
conoscere bene il punto in cui si è svolto il duplice delitto: “Io passava
spesso”.
Dall’area del cimitero alla piazzola a piedi è una
passeggiata. In auto dalla Cassia, su cui affaccia l’ingresso principale del
Cimitero militare americano, basta imboccare il ponte degli Scopeti e seguire
la strada in salita per raggiungere il bivio di Sant’Andrea: a destra si va a
Spedaletto e di lì a San Casciano, a sinistra si va a Chiesanuova e, se si
vuole procedere oltre Chiesanuova, sempre sulla stessa strada, si arriva dritti
dritti in 5 minuti in un’altra celebre località: Giogoli, dove nel 1983 sono
stati massacrati i due giovani tedeschi. Sempre da Chiesa Nuova parte un’altra
strada che in 13 minuti in direzione opposta porta dritta dritta a Baccaiano
dove il 19 giugno 1982 vengono uccisi Antonella Migliorini e Paolo Mainardi.
Potete controllate la triangolazione su GoogleMaps.
Dopo aver seguito con profitto un corso di logica alla Procura
di Milano, dando un’occhiata a questi percorsi dell’orrore mi sento di
affermare che anche il mostro di Firenze “passava spesso” dal bivio di “San
Andrea” e da Chiesanuova. È Bevilacqua l’unico testimone a piazzare il Mostro
in quel bivio, direzione Chiesanuova, dove sta andando anche lui. Ecco, qui gli
credo.
Il primo avvistamento
“Nei giorni precedenti all’omicidio che è stato scoperto il
lunedì 10 di settembre dell’85, lei era passato da quella zona?” chiede Canessa
sbagliando giorno: lunedì è il 9.
“Due o tre giorno prima dell’omicidio, la tragedia - racconta
Onlio - io andavo a San Casciano, facevo la ponte degli Scopeti e andava su,
alla seconda curvo ho visto la coppia francese, che c’era la ragazza appoggiata
ad un albero in costume da bagno, prendeva il sole e l’uomo, il suo ragazzo,
stava appoggiato in un sacco a pelo a terra”. E ancora: “La tenda sembrava
avanti un po’ in la macchina stava di dietro che sembrava una Peugeot o un
Golf. Vecchio, sembrava macchina vecchio”.
“E la notò questa ragazza? “ è la domanda retorica di Canessa.
Stai sicuro Paolì, che l’ha notata.
“La notavo perché era una ragazza molto carina aveva i capelli
neri corti ed un costume da bagno, bikini, nero”.
E il ragazzo? Peppe dice che era nella tenda e si vedeva solo
la testa poggiata sul sacco a pelo.
Minchia, deve avere scattato una fotografia! Sono passati 10
anni ma la scena osservata con un semplice passaggio in auto è immobile,
fissata in tutti i dettagli a futura memoria. Eppure ci sono già dei punti
oscuri.
Il primo è temporale: “due o tre giorno prima dell’omicidio”.
Quale giorno, Bevilacqua? Nessuno ci ha ancora capito niente di qual è il
giorno del massacro. Persino Wikipedia si tiene larga con un 7-8 settembre.
Solo Canessa dà per scontato che Bevilacqua usi come
riferimento la domenica, perché l’impianto accusatorio si regge su quella
giornata.
Canessa fa lo gnorri e chiede infatti quanti giorni prima
della domenica sia avvenuto questo primo avvistamento.
“Preciso non si può dire ma sembra due tre giorni” è la
risposta e aggiunge che “erano le nove e mezzo del mattino”. Singolare che
ricordi anche l’orario, tutti quei dettagli, ma non il giorno esatto.
Il pm tira fuori la foto del posto del primo avvistamento e
lui riconosce l’albero su cui era poggiata Nadine a prendere il sole. L’aveva
fatta scattare lui un paio di mesi prima durante un giro con gli inquirenti, ci
mancava che non la riconoscesse.
Il secondo punto oscuro: Bevilacqua non dice tutta la verità,
come si è impegnato a fare davanti alla Corte, ma solo una parte. Omette
infatti di dire che quel giorno con lui in auto c’è la moglie.
La moglie gelosa e il “dettaglio” mancante
Nell’articolo “Quel giorno agli Scopeti” della Nazione del 6
aprile 1994 * (il processo inizia il 19), che si può leggere nella
preziosissima emeroteca di Insufficienzadiprove.it, si racconta la storia in
modo un po’ diverso. Nell’articolo non si fa il nome Bevilacqua ma si fa
riferimento a una vecchia testimonianza rispolverata dopo anni e a un
funzionario americano che la avvalora, in un gioco di scatole di cinesi che non
ho capito per niente.
Comunque il giornalista dice che il funzionario americano, che
all’epoca lavorava vicino agli Scopeti, passando in auto con la moglie vide
“una ragazza con i capelli corti, scuri, con il bikini nero, che prendeva il
sole vicino alla piazzola degli Scopeti. Accanto c’era una macchina con targa
francese e una tenda canadese azzurra”.
Pazzesco, sembra il dottor Spencer Reid di Criminal Minds.
Quanti dettagli in un’occhiata, conservati per quasi vent’anni, ma non è che si
è fermato? Magari ha rallentato per guardare meglio la ragazza perché
nell’articolo leggiamo “Non potè evitare per questa sua occhiata compiaciuta un
rimbrotto della moglie”. Tradotto: la moglie gli piazza un cazziatone perché
lui non guarda la strada e fissa la francese con la lingua di fuori come
Fantozzi.
Ma non vi siete accorti che in quella marea di dettagli manca
qualcosa? Cosa? Il ragazzo francese! La prima volta lui non lo vede. Vede solo
la ragazza. Almeno così riporta il giornale.
Quindi nella versione di aprile 1994 c’è la moglie ma non c’è
il francese.
Due mesi dopo al processo, abracadabra: la moglie è sparita e
la testa del ragazzo francese è comparsa a terra sul sacco a pelo.
Il giorno “dopo”
L’articolo della Nazione prosegue: “Il giorno dopo l’uomo,
stavolta da solo, rivide la stessa donna in compagnia del suo ragazzo”.
Non dice la “stessa coppia” ma solo la “stessa ragazza” che,
questa volta, non è sola e “sta facendo colazione accanto alla tenda piazzata
più avanti”.
Il giornalista riporta un’altra cosa importante: che la rivede
il giorno dopo rispetto al giro con la moglie.
Continuiamo a leggere La Nazione perché ora, subito dopo aver
visto la coppia, c’è il fatidico incontro.
“Al bivio di Faltignano, poche centinaia di metri oltre,
scorse un uomo sui 50 anni, di corporatura robusta, capelli pettinati
all’indietro, del colorito di chi è avvezzo a trascorrere molto tempo nei
campi. Sentendosi osservata questa persona si voltò di scatto. Pochi attimi
insufficienti forse per un riconoscimento certo, ma quella fronte e quel naso
aquilino al testimone americano, quantomeno, ricordano quelle del Pacciani”.
Il secondo avvistamento
Se sul primo avvistamento abbiamo versioni discordanti, sul
secondo la nebbia si fa più fitta.
“Poi li ha visti ancora?” chiede Canessa.
“Sì, l’ho visto un po’ più avanti, la seconda volta, più alto
sulla strada, più vicino a San Andrea e c’era più o meno la cresta della
salida… c’era forse due giorni dopo”.
Come due giorni dopo? Il giornale ad aprile riportava un’unica
data certa: “il giorno dopo”. Un’altra incongruenza. Appena si prova a fissare
un paletto temporale, ecco che bisogna spostarlo di nuovo. Con quel “forse” che
rende impossibile fissare alcunché.
Canessa continua a tirare l’acqua al suo mulino della
domenica: “se prima era due o tre giorni… la prima volta sul giovedì, la
seconda volta sul sabato”.
“E’ possibile - gli concede Bevilacqua - giorni precisi non
ricordo”. Bevilacqua non pronuncerà mai la parola domenica nè il nome di nessun
altro giorno della settimana.
Il Quesito della Susy
Vorrei provare a ricapitolare le informazioni raccolte finora
per capire quando Bevilacqua è passato e ripassato da via Scopeti perché
l’unica certezza è che è passato di mattina. Peppe fornisce le seguenti
indicazioni temporali: due-tre-giorni-prima di una data (quella del delitto)
che va da venerdì a domenica, uno-due giorni-dopo rispetto a questo
due-tre-giorni-prima. In altre parole, è come il Quesito della Susy sulla
Settimana enigmistica.
Vediamo: se l’omicidio è avvenuto tra venerdì e domenica e il
testimone passa la prima volta due-tre giorni prima del delitto e la seconda
volta uno-due giorni dopo la prima volta: quando è passato il testimone? Quando
è avvenuto il delitto? E se la prima volta il testimone era con la moglie e ha
visto solo la donna francese, mentre la seconda era solo ma era la donna
francese a essere in compagnia, chi c’era davvero? Io non ce la faccio,
provateci voi, mi sa che è il caso di chiedere una consulenza alla Procura di
Milano.
La preoccupazione di Peppe
Torniamo in aula. Viene mostrata una foto, scattata sempre
mesi prima su indicazione di Bevilacqua, della tristemente famosa piazzola.
“Ecco, lei cosa vide quella mattina? La seconda volta?”
scandisce Canessa.
“La seconda volta mi è rimasto un po’ impresso perché
guardando loro… passare per la strada… tu vedevo… erano troppo scoperto… Si
vedeva troppo dalla strada, macchine che passava di notte tu potevi vedere…
loro non potevano dormire... qualcosa…”.
Peppe la seconda volta è preoccupato quindi. Teme che i fari
notturni delle auto alterino il ritmo sonno-veglia della coppia, è come se
avesse voluto consigliare loro di spostarsi in un angolo più riparato, meno
visibile dalla
strada per una delicata questione di privacy. Molto sensibile
e premuroso, devo ammetterlo.
Il lapsus e la colazione saltata
“E lei cosa vide questa seconda volta? E cos’era mattina di
nuovo?” chiede il Pm.
Il teste risponde ridacchiando: “Sì, tutto non ricordo perché
è un po’ di anni fa.... “.
Su su, non fare il finto modesto. Noi non ricordiamo cosa
abbiamo mangiato esattamente a cena ieri, mentre tu dopo 10 anni ricordi colore
della tenda, del bikini, modello e targa della macchina, taglio di capelli,
orario. Che invidia, Peppe.
“Persone ne vide? La ragazza e il ragazzo li vide?” chiede
Canessa.
“L’ho visti tutti e due quel giorno”. Come “quel giorno”.
Perché, il giorno prima non li avevi visti tutti e due?
Figuriamoci se Canessa approfondisce il lapsus, si assicura
solo che il teste confermi che “sicuramente erano la stessa auto e gli stessi
ragazzi”. E basta, nessun altro dettaglio come nel caso del primo avvistamento
della tenda. Sparisce, ad esempio, la colazione della coppia vicino alla tenda.
Dettaglio riportato due mesi prima nell’articolo della Nazione.
Prima-dopo e nord-sud
“Questa seconda volta vide qualche altra cosa?” incalza
Canessa che vorrebbe arrivare subito a quello che gli interessa: l’incontro con
l’uomo corpulento con quella fronte e quel naso così indimenticabili.
Riposta: “No questo non ricordo, no. So che… ricordo la
mattina, prima, dopo, che io passavo la strada andava a San Andrea…”.
Eh?! Non ricordi “questo”? Ma Canessa non ha detto niente,
t’ha chiesto solo se ricordi altro, l’ha capito anche Pacciani. E poi la
mattina “prima-dopo”, che vuol dire? Che poteva essere notte o pomeriggio?
Aiuto, mi sto perdendo. Ho capito solo che la prima volta che passa dal bivio
con la moglie svolta a destra, verso San Casciano. La seconda volta invece è
solo e al bivio gira a sinistra, verso Chiesanuova.
Canessa ha il cervello più fino del mio e capisce tutto quello
che dice Peppe tranne, stranamente, dov’è Sant’Andrea. Forse ci vuole andare a
cena dopo l’udienza perché chiede a Bevilacqua: “Cioè? San Andrea in direzione
nord rispetto…”
“Nord, andavo a nord - si affretta a rispondere - passava da
San Andrea, arrivato l’incrocio dopo San Andrea andava a destra per andare a
Chiesanuova”.
Certo, Peppe, che se al Cimitero militare le indicazioni
stradali le davi così, chissà dove li mandavi i turisti, eh! Come a Nord! Tu
stai percorrendo via Scopeti in direzione sud, verso San Andrea.
Ricapitolo un attimo perché dobbiamo aggiungere qualche
variante al Quesito della Susy: la mattina prima-dopo e la direzione nord-sud.
Potrebbe essere l’enigma più complicato di tutti i tempi. Alla Settimana
Enigmistica hanno fatto sapere che i crittogrammi di Zodiac a confronto sono
roba da dilettanti.
L’incontro in via di Faltignano
Veniamo all’incontro indimenticabile con “quel naso e quella
fronte”.
Ecco il racconto di Bevilacqua in aula: “Due/trecento metri de
l’incrocio c’è un campo aperto, mi fermai perché m’è rimasto sorpreso che ho
visto uno in divisa, sembrava in divisa marroni, tipo forestale o Anas, io
lavorando là da anni canoscievo quasi tutti e m’è rimasto perché non canoscieva
questa persona. E mi fermai accanto alla strada, con mia macchina, lo guardava
questa persona che aveva più o meno la diecina di metri da me, questa persona
dopo che, penso che rese conto che io lo guardavo sceso e è andato via di
quella zona là, è entrato più o meno in campo verso il bosco che è dietro San
Andrea”.
Bene, ricapitolo. Al Bivio di Sant’Andrea Bevilacqua è solo e
svolta a destra, su via Faltignano, diretto a Chiesanuova. Qui, dopo 200-300
metri, sulla destra c’è una piccola strada sterrata che si apre un campo
agricolo. È su questa stradina che il testimone vede una divisa “marroni”, a
dieci metri di distanza e si rende conto con sorpresa che non la canosce. Alt!
Inchioda con la macchina e si ferma. Lui canosce tutte le divise: sa che quelle
“marroni” (quel colore indistinto tra marrone, grigio e verde) sono dell’Anas o
della Forestale e si sorprende di vedere che quel tizio vestito marroni sia uno
sconosciuto.
Poi l’imprevisto: la divisa, sentendosi osservata, prende il
largo “in un campo”, diretta “verso il bosco”.
Canessa mostra la foto, sempre scattata poche settimane prima
con la consulenza artistica di Bevilacqua. Si vede il punto dell’avvistamento
della divisa marroni e poi una freccia che indica la direzione presa dalla
divisa. Il teste non ha nemmeno bisogno di fingere di riconoscere la situazione
della foto perché sotto c’è la didascalia che dice tutto. La didascalia viene
subito coperta, ma a che serve con un teste che ha quasi scattato lui la foto e
ha dato prova di avere la memoria eidetica del dottor Spencer Reid?
L’avvocato Bevacqua protesta infatti per la sceneggiata e
invita a chiedere al testimone cos’è quel punto da cui parte la freccia.
A spasso nei boschi
Risposta: “Tu scende quella strada abbastanza, 4/500 metri e
portavo in direzione dov’era lì la tenda di francesi”. Bevilacqua sta dicendo
che la divisa, a cui ha visto fare pochi passi verso il campo, imbocca la
strada che porta alla tenda dei francesi.
“Ohoo, ha visto! - esclama Canessa come se avesse fatto punto
- Lei lo sa perché conosce quella strada”.
“Io passavo dai quei boschi migliaia di volte” è la
straordinaria risposta.
Ma non lavora in un cimitero? Perché è sempre a sto bivio di
San Andrea, una volta a sinistra e un’altra a destra, e va continuamente a
spasso nei boschi? Perchè quando vede una divisa si ferma a controllare? Perchè
mentre vede una casacca su via Faltignano gli viene subito in mente la tenda
dei francesi e come arrivarci? E come diamine avrebbe fatto quella casacca, se
non era della zona (tanto sa non essere canosciuto da Peppe che canoscieva
tutti), a sapere che da lì si arrivava alla tenda? Perché diamine a nessuno
viene in mente di chiederglielo?
Perché sono tutti concentrati su quella divisa/casacca che
finalmente comincia ad avere un volto. O quasi.
Il naso con i capelli
“Ecco, lei ricorda le caratteristiche somatiche di questa
persona o no?” chiede Canessa.
“No, ricordi che mi toccava che mi stava a 10/15 metri, non so
preciso, c’era il profilo del naso ed i capelli sopra”
Traduco: da 10/15 metri (prima erano 10, ora si allontana)
vede un naso di profilo con dei capelli sopra.
Canessa chiede: “Era magro, era grosso?”. Il naso?
“No era una persona più o meno robusto” risponde Bevilacqua
che di panza se ne intende.
Grazie alle domande di Canessa scopriamo che Bevilacqua quel
naso, visto di profilo pochi secondi di 10 anni prima, lo ha riconosciuto tra
le foto mostrategli della polizia nel 1994, pochi mesi prima.
Minchia e che era, il naso di Cyrano de Bergerac?
No, di Pacciani! Uno che Bevilacqua (nel 1994!) non canosceva.
Ma come, tutta Italia lo conosce da anni: è il 1991 quando Pacciani riceve
l’avviso di garanzia per i delitti del Mostro. Nella primavera del 1994, quando
salta fuori il funzionario americano, chi non canosceva il contadino di
Mercatale? Solo Bevilacqua. O almeno così dice a Canessa.
Il ricanoscimento del Vampa
Arriva il momento clou, la spannung.
Canessa: “Oggi lei in quest’aula vede qualcuno che, sia pure
con le sembianze di oggi, assomiglia a quella persona?”
Peppe: Sì.
“E chi è?” chiede Canessa mentre tutta l’aula e anche noi a
casa siamo col fiato sospeso. Metti che indica un altro.
Peppe: “Signore lì accanto all’avvocato”
Pacciani, gomiti sul tavolo, stecchino in bocca, ha lo sguardo
attonito di chi si domanda stupito perché Onlio stia raccontando da oltre dieci
minuti di aver visto un “naso con dei capelli” uno-due-giorni dopo
due-tre-giorni prima del secondo weekend di settembre del 1985. A un certo
punto stacca un gomito dal tavolo. Perchè Onlio lo sta indicando? Si gira
subito dall’avvocato Fioravanti che ha già preparato i sottotitoli. “Pietro, -
gli dice - il testimone sta dicendo che quel naso coi capelli sei tu!”.
Il Vampa si scalda. Prima con l’indice poi con il palmo della
mano teso come allo stadio inizia a indicare Onlio e si legge un “infame” sul
labiale. L’avvocato Fioravanti gli fa una ramanzina con l’indice e il pollice
uniti mentre assieme a Bevacqua, con una serie alternata collaudata di
schiaffetti e pacche, provano a tener buono il Vampa, scatenato in un
linguaggio non verbale eloquente: ma che cazzo vuole Onlio da me?
“E ci vuole spiegare come mai lo riconosce come questa
persona? Quali sono le caratteristiche somatiche che gli assomigliano?” gongola
Canessa.
Sotto lo sguardo inviperito del Vampa, il finto Onlio spiega:
“Il naso, i capelli ...”.
A questo punto il Vampa, sfuggito al placcaggio degli
avvocati, fa un gesto eloquente verso il basso e dice qualcosa in vernacolo che
corrisponde a “... E da sta minchia”.
“...dove c’è la faccenda sopra” prosegue invece Bevilacqua.
Il Presidente lo aiuta: “L’attaccatura?”
“La stazzatura di qui davanti, sì”, conferma il teste.
“Come lei pressappoco” nota il Presidente che mai più nel
processo mostrerà una simile arguzia.
Apre il controesame la parte civile: l’avvocato Colao, che
forse ha letto la Nazione, chiede se il misterioso individuo aveva il colorito
di uno abituato a stare all’aria aperta.
Peppe conferma: “faccia un po’ rosso.”
Tocca alla difesa. Parola all’avvocato Bevacqua. È una delle
mie parti preferite, Alfrè, stai attento anche tu.
Il ‘68 che non ti aspetti
L’avvocato Bevacqua è uno che va subito al sodo. Si alza di
scatto, si riaggiusta la toga sulle spalle e mentre sistema il microfono fa
finalmente la domanda che ci interessa, Alfrè. E la fa veloce, lui non parla
lento e scandito come Canessa, parla spedito.
“Senta da quanti anni lei è in Italia?”
“26 anni” risponde Bevilacqua.
Bevacqua in una frazione di secondo fa il calcolo:
1994-26=1968. E fa la domanda che Peppe non si aspetta:
“Quindi anche nel ’68 c’era in Italia”
“Si”.
Mi dispiace Peppe, una data certa l’hai dovuta dare,
l’avvocato ti ha preso in contropiede: tu eri chiamato a rispondere solo sul
secondo weekend di settembre 1985 e invece guarda un po’ come va la vita. Ti ha
fregato alla grande.
Il 1968 è una data importante per due motivi. Per le indagini
del Mostro perché è l’anno del primo omicidio (collegato agli altri solo nel
1982 dopo il duplice delitto di Baccaiano, quando si apre la pista sarda). Ma
anche per quelle relative al filone di indagini su Piazza Fontana scaturito
dalle rivelazioni di Alfredo Virgillito. Rivelazioni che Alfredo avrebbe
raccolto da un misterioso agente Joe. Il fatto è che questo agente, secondo il
nostro ministero degli Esteri consultato dalla Procura di Milano, puó essere
solo una persona e solo una: Joseph Bevilacqua, nato a Totowabora in New Jersey
il 20/12/1935. Peppe, insomma, o comunque si chiami davvero. La Procura aveva
escluso fosse lui per una serie di ragioni, tra le quali spiccava il fatto che
risultasse in Italia solo dal 1974 (per Virgillito l’agente Joe era in servizio
nel Belpaese almeno dal 1967). Peppe conferma che era in Italia giá prima del
74: nel 1968. Ecco una cosa che il Ministero degli Esteri aveva taciuto o,
meglio, non aveva riportato perchè alla Procura di Milano interessava solo
verificare quando fosse stato ufficialmente in servizio presso l’ambasciata
americana.
L’avvocato Bevacqua è rimasto di stucco pure lui per quella
risposta e la sorpresa gli fa perdere secondi preziosi prima di passare alla
domanda successiva:
“Bene. Senta e dove stava in Italia?”
Peppe si riorganizza (non sia mai che dalla sua bocca possa
uscire un’informazione precisa) e gioca la carta sordità con cui si era
presentato a inizio seduta:
“‘78? - finge di aver sentito - Cimitero americano”.
Canessa invita a riformulare la domanda perché il teste non ha
capito (ha capito, Paolì, ha capito)
L’equazione impossibile
“Quanti anni è che è in Italia lei?” chiede ora l’avvocato.
Dalle risposte di Bevilacqua viene fuori che è arrivato in
Italia nel 1964, è andato via dall’Italia 3-4 volte e ha vissuto in Toscana in
tutto, “forse”, 22-23 anni
“Io quando arrivato prima 1964 ma io andato via d’Italia per
lavoro 3/4 volte”.
L’avvocato Bevacqua prova a rifare il calcolo a mente solo che
stavolta è un’equazione:
(1995-1964) - y = x
Posto che y sono le 3-4 volte di cui non si conosce la durata
e posto che x sono 22-23 anni, da quanto tempo Bevilacqua è in Italia? Gli
esperti della Settimana Enigmistica ci stanno lavorando da giorni ma ritengono
che, con tutte queste variabili, non sia possibile arrivare a una soluzione
corrispondente a un numero reale.
L’avvocato Bevacqua si arrende alla matematica e cambia
argomento. Scopre così che prima di lavorare nel Cimitero, Peppe era nella
Polizia criminale. Ma anche in questo caso non dice quando.
Bevacqua chiede se all’epoca aveva una pistola.
“No, Sulimmani!”
Tutta l’aula ride, tranne gli avvocati e noi che ormai ci
siamo stancati di un testimone che non dice nulla di certo, che sfuma tutto con
“forse” e non dà una data ferma. Non sappiamo nemmeno come si chiama, dov’è
nato e quando era/non era in Italia.
Il naso ha la calvizie
L’avvocato è nervoso e, palla al piede, va in attacco.
Contesta a Bevilacqua la dichiarazione in cui ricostruisce l’incontro col
naso-coi-capelli con la casacca verde/marroni Forestale. E gli sciorina
velocemente, senza alcun rispetto per la barriera linguistica e la sordità, un
verbale dei Carabinieri che ho dovuto riascoltare due volte perché mi ero
persa. Joe o’ Sordu invece segue alla perfezione, annuendo con suoni gutturali.
Poi l’affondo dell’avvocato: nel verbale si legge che “al
teste viene mostrata la foto del Pacciani”.
Quindi non aveva riconosciuto il naso di Pietro tra 3/4 foto,
no: gli inquirenti gli avevano fatto vedere direttamente la foto di Pietro.
Bravo Bevacqua!
“ Ma nessuno mi dette il nome del Pacciani” replica Peppe.
Inizia una discussione che sembra uscita dalla commedia
dell’equivoco, ma l’avvocato non demorde: nel verbale c’è scritto che gli
inquirenti gli mostrano la foto del Pacciani e Bevilacqua riconosce “la fronte
e il naso”. Il tempo e la repentinità della fuga del naso e della fronte non
gli consentono “di essere più preciso”. Ma quando è stato preciso in questo
processo? Mai.
L’esame riprende dal giro con la Polizia per fotografare i
luoghi degli avvistamenti dei francesi e del naso con la fronte e i capelli che
indossava una casacca marroni/grigio/verde. L’avvocato legge speditamente il
verbale assicurandosi che Bevilacqua capisca. E lui capisce tutto.
L’obiettivo dell’avvocato è chiarire che Bevilacqua ha
riconosciuto solo il naso e la fronte “con incipiente calvizie” che “gli
ricordano qualcosa”. Visto a oltre dieci metri. Dopo dieci anni. Lo so, avvocà,
solo per Canessa è normale.
Fioravanti gentiluomo incompreso
Ora tocca all’altro avvocato della difesa Pacciani,
Fioravanti, che ha alzato timidamente la manina.
Mentre Bevacqua ha parlato velocemente e con il linguaggio non
semplice dei verbali, Fioravanti è un gentiluomo: si è reso conto dei problemi
di udito e delle difficoltà linguistiche del teste e quindi ci va piano. Più
lento di Canessa, quasi sillabando e accompagnando il tutto con la mimica dei
gesti. Sulla pagina del Televideo hanno levato pure i sottotitoli per i non
udenti.
Qualcosa però va storto.
“Mi scusi, - dice Fioravanti a un centimetro dal microfono e
muovendo entrambe le mani come se stesse parlando a un bambino non scolarizzato
o a Pacciani - volevo sapere se lei (pausa) pratico di cimiteri (pausa) ha
visto quali sono le divise del cimitero di San Casciano, degli addetti del
cimitero di San Casciano (pausa) che è vicino a Chiesanuova”.
“Scusa, mi dice la domanda…” dice Peppe. Ma dai, ha capito
anche Pacciani.
“Lei è pratico dell’ambiente cimiteriale…” ricomincia ancora
più lentamente Fioravanti.
“Si”. Dio ti ringrazio, questa l’ha capita.
Gasato, Fioravanti ci riprova, sempre adagio: “Mi potrebbe
dire, era vicino a San Casciano, di che colore e di che tipo sono le divise
degli addetti al cimitero di San Casciano?”
La risposta: “Avvocato prima cosa il foto non è in colore…e le
foglie... le cosi verdi...”. Alfrè, hai ragione, secondo me ha bevuto!
“No, no, no non ci siamo capiti - puntualizza l’avvocato che
ci riprova per la terza volta, adagio adagio con la mimica delle mani - Lei mi
ha parlato che quell’uomo era in divisa, con una specie di divisa o Anas o
guardiaboschi, una divisa verde, scuro, le divise degli addetti al cimitero di
san Casciano, che ogni cimitero ha divise diverse…”. Si però anche tu, avvocà,
parti bene e ti perdi nelle generalizzazioni.
“No, ma cosa vuoi sapere del cimitero?”, ora è Peppe quello
spazientito.
“Voglio sapere se lei ha visto mai un becchino, un addetto al
cimitero”
“Si io si”. Peppe li vede tutti i giorni.
“Ecco, quelli di San Casciano li ha mai visti lei?” torna
all’attacco Fioravanti.
“No”. No? Siamo sicuri?
Pinocchio davanti al cimitero
Fioravanti rinuncia, per fortuna il Presidente è rimasto col
dubbio e chiede di che cazzo di colore sono queste divise degli addetti
cimiteriali di San Casciano.
Fioravanti rileva con soddisfazione che sono verde Forestale.
Peppe direbbe marroni. Ma scopriamo un’altra cosa interessante: che il cimitero
in questione (il Comune di San Casciano ne ha 14!) è quello “nel bivio tra
Chiesanuova e San Casciano”, il bivio di “San Andrea”. E la cosa straordinaria
è che Peppe lo conosce! Tanto bene da inserirlo nella mappa che disegna agli
inquirenti. L’ho scoperta tra le pagine di questo forum e la trovate allegata
sotto.
Se guardate bene, proprio in corrispondenza della freccia che
indica San Andrea c’è un piccolo rettangolino con una croce sopra. È la chiesa
di Sant’Andrea con annesso cimitero comunale che è davanti alla chiesa e si
affaccia sulla strada: impossibile quindi conoscere la chiesa senza conoscere
il cimitero. Controllate su Google Maps.
Bevilacqua passava in quel tratto di strada “spesso”, anzi
“migliaia di volte”, osservava, tutti, turisti compresi, si fermava con la
macchina per controllare le divise che conosceva “per lavoro”. Parole sue.
Posto che il cimitero lo conosce perché ci passa davanti tutti i giorni,
possibile che in dieci anni di lavoro in zona non abbia mai visto un addetto
cimiteriale lì? Ma voi gli credete? Lo so che negare di conoscere un cimitero
di per sè non è un reato ma lo diventa nel momento in cui si configura la falsa
testimonianza dell’unico testimone oculare che inchioda Pacciani agli Scopeti.
Anche per Alfredo Virgillito e le sue rivelazioni sulla strage
di Piazza Fontana è importante sapere se Joseph Bevilacqua è un bugiardo
patentato.
Ps: nel verbale della mappa c’è scritto Giovanni Bevilacqua.
Spero si tratti di errore del verbalizzante che ha tradotto Joe in Gio, quindi
Giovanni. Non vorrei fosse l’ennesimo nome fornito. Manca solo Pinocchio: non è
che il naso era il suo?
Oltre la siepe
Fioravanti passa ad esaminare le foto del luogo degli
avvistamenti e rileva che la piazzola si trova più in alto di un metro e mezzo
rispetto alla sede stradale e che, nel settembre 1985, era delimitata da una
siepe che in parte copriva la visuale ai passanti. L’avvocato non capisce
quindi come si possano vedere macchina con targa straniera, tenda, ragazza in
bikini, testa di ragazzo semplicemente passando in auto e chiede a Bevilacqua
se sia, per caso fermato.
“ Ecco ma lei è sceso dalla macchina?”
“Si, ma io passavo a piedi tante migliaia di volte” risponde
incredibilmente Peppe. Fioravanti non coglie che ha detto “sì”.
E va avanti a dire: “Si, no ma a me non mi interessano le
migliaia a me mi interessano quei tre o quattro giorni prima dell’omicidio”. A
noi interessano invece, avvocà ci interessano tanto. Ma chiedigli dove cazzo va
a spasso invece di stare al cimitero.
Fioravanti: “E lei in macchina si è fermato su quel luogo?”
“No ma voleva fermarsi” ammette Pinocchio.
“Ecco, lei ha visto una ragazza in bikini?”
L’avvertimento
Pinocchio si pente e confessa: “Sì, io voleva fermare per la
sempli ragione, per dire zona pericoloso, c’era problemi di omicidio e invece
io non l’ho fatto e forse sbagliato”.
Facciamo un passo indietro. Poco fa ha detto di essersi
preoccupato perché la coppia di turisti alla piazzola era in una zona scoperta.
Vi ricordate? I fari delle auto potevano disturbarli nel sonno. Sembrava si
volesse fermare per consigliare loro di spostarsi in una zona più riparata. Ora
invece, sono in pericolo, rischiano l’omicidio. Io quest’uomo rinuncio a
capirlo, dice niente e il suo contrario.
Fioravanti sembra incuriosito dalla improvvisa preoccupazione
di Bevilacqua.
“Problemi di omicidio c’erano eh? E quanti omicidi ci sono
stati nella zona?”
Pinocchio ritratta: “Non lo so perché non ho seguito”. Ah, non
ha seguito, esclamiamo io e Fioravanti all’unisono. E che gli dicevi ai
turisti: attenti al lupo?
Infatti Bevilacqua è costretto ad ammettere: “No, lo sapevo
dei problemi perché c’era cartelli tutto lungo la strada che diceva zona del
mostro e cose di quel genere, tanti cartelli”. Quindi mentre guida legge pure i
cartelli e cose del genere. Ma quante cose fa mentre gira in auto?
Dopo qualche minuto di discussione in cui non cava un ragno
dal buco sulla visuale di Peppe e si ha l’impressione che il bikini l’abbia
visto alla piazzola durante il secondo avvistamento, l’avvocato Fioravanti
prova a fissare qualche punto e chiede: “Ecco, chi l’ha interrogata a lei?”
“Non lo so neanche il nome, non ricordo. Uno di Firenze…”. La
vaghezza delle risposte è impressionante, sembrano estratti dal manuale della perfetta
spia. Come parlare lasciando intendere ma senza dir nulla di preciso e
concreto.
Fioravanti non si capacita: “La Polizia o i Carabinieri? Uno,
due, dieci?”
“Credo la Polizia”.
A questo punto deve intervenire il Presidente della corte:
“Avvocato, avvocato, non si agiti!”. Fioravà ti capisco, Peppe farebbe
ammattire un santo.
Altezza variabile
Fioravanti si arrende. Sta per sedersi ma si rialza di scatto
come se sulla sedia avesse trovato il dito di Pacciani. Vuole portare a casa
una certezza quella sera.
E visto che alla polizia ha detto che il naso con la fronte
calva era alto più o meno come lui, gli chiede:
“E lei quanto è alto?”
“Forse sono un metro e ottantadue/ottantatre, non lo so”.
Minchia, non sa nemmeno quanto è alto di preciso.
Fioravanti chiede a questo punto se l’uomo visto nella
stradina di via Faltignano fosse alto quanto lui.”
Sì.
Pacciani alto più di un metro e ottanta!
Le recchie dei cani
L’avvocato Bevacqua ha molti dubbi su questo ricanoscimento
del Vampa. E spulciando gli atti trova una dichiarazione in cui Bevilacqua
aveva detto di aver riconosciuto il naso di Pacciani su un giornale che un suo
cognato gli aveva portato a Nettuno. Ben prima quindi di riconoscerlo tra le
due-tre foto mostrategli dagli inquirenti.
Peppe nega. Nessun giornale, anzi dice di essere stato lui a
contattare i carabinieri subito dopo il massacro dei francesi. E come mai?
“Sì, perché la sera che sono stati ammazzati i francesi -
spiega Onlio- io ci ho due cani da guardia, io a quell’epoca abitavo più o meno
fra i cento metri sotto il luogo dove sono stati ammazzati, i miei due cani,
uno è campione di difesa d’Italia, volevano saltare la rete che è quasi due
metri e mezzo d’altezza e non li lasciava andare, perché li cani con i recchi
forse sentiva i francesi urlare e io osservava e metti i cani a catena perché
teneva paura perché se attaccavano qualcuno (dentro un cimitero??). Dopo quando
io ho sentito, la mattina, sulla radio in tutto della faccenda io volevo
parlare con un poliziotto per spiegare che è possibile più o meno l’orario”.
Ha dato due informazioni inedite: la prima è che sta a 100
metri dalla piazzola la sera del delitto quando le recchie dei suoi cani
sentono qualcosa e abbaiano, tanto che lui la mattina dopo vuole andare alla
Polizia. Pensate se tutti quelli che hanno un cane che abbaia di notte
andassero dai carabinieri la mattina dopo. A dire che??
“E c’è andato dai Carabinieri?” Chiede incredulo l’avvocato.
“Sì”.
Mah.
La seconda cosa inedita è che la mattina dopo l’abbaiata sente
la notizia dei francesi alla radio.
L’amnesia di Peppe della Mirandola
Bevacqua gli contesta il verbale in cui dice invece che un suo
cognato gli ha portato La Nazione a Nettuno con articoli sull’omicidio dei
francesi e la foto del Pacciani.
Peppe conferma solo di avere un cognato, anzi 7-8. Neanche sul
numero dei cognati è preciso. Roba da non credere.
È il Pm Canessa stavolta a fare la domanda giusta:
“I cani sentivano qualcosa. E lei ha detto: io poi andai dai
Carabinieri l’indomani?
“ Ho chiesto: quando veniva uno parlar con me?” svela.
Ve lo immaginate: “Pronto carabinieri, ieri notte le recchie
dei miei cani hanno sentito qualcosa. Puó venire qualcuno a parlare con me?”.
Canessa chiede: “E sono venuti?”. Ma secondo te, Paolì? Si
saranno fatti due risate su Onlio il matto.
“No, andato io” dice infatti Peppe.
E da quali carabinieri è andato? Lo chiede Canessa.
“Io ho chiesto Carabinieri del Nettuno per chiamare Firenze e
dire quello lì di Firenze“.
Fermiamoci. Non ce la faccio più. Ma se stavi al cimitero dei
Falciani, perché chiami Nettuno?
Canessa non si pone la domanda (d’altronde uno ha fede nel
Verbo di Katanga tante domande non se le fa) ma chiede quanti giorni dopo il
fatto è successo, con chi ha parlato, quanti erano i carabinieri, i gradi che
portavano, in che piano della caserma è stato sentito, se ha verbalizzato.
Incredibilmente Peppe della Mirandola non ricorda nulla di
preciso: giusto che è successo dopo l’omicidio, che erano di Borgo Ognissanti,
erano due o tre, in borghese, non è sicuro di aver verbalizzato. Fosse passato
in auto davanti alla caserma avrebbe memorizzato più dettagli....
La Pole dopo la faccenda
L’avvocato Bevacqua per fortuna ha seguito meglio di Canessa i
brogliacci di questa testimonianza. E si chiede perché la mattina dopo che la
recchie dei suoi cani hanno sentito qualcosa chiama i carabinieri di Nettuno
visto che lui lavora ai Falciani. Sospetta che nella notte lui si sia
trasferito da Firenze alla costa laziale.
Bevacqua comincia così: “La sera che sente questi cani che
abbaiano, lei era dentro o fuori il cimitero?”. Avvocà, t’è venuto il dubbio
anche a te che era fuori dal cimitero, vero? Oltre la rete da cui sente i suoi
cani abbaiare..
“Dentro” assicura Pinocchio.
“E la sera stessa se ne va a Nettuno lei?” Arriva al punto che
gli interessa e Bevilacqua spiega che lui è andato via da Firenze nel 1989, a
Nettuno appunto.
“Ah quindi questa faccenda dei Carabinieri di Nettuno è dopo,
nell’89?” Esclama l’avvocato.
I carabinieri di Nettuno li chiama 4 anni dopo!
Peppe conferma e dice di essersi rivolto subito ai carabinieri
di San Casciano, 3-4 volte, ma senza risultato. La storia delle recchie dei
suoi cani non interessava. Però c’è un passaggio interessante:
“Quando ha parlato con i carabinieri?” chiede Bevacqua.
“C’era Pole dopo la faccenda” risponde.
Mi fermo perché questa è bella: sta dicendo, s’io ho le sue
parole ben intese, che una di queste volte in cui parla con la Pole è sulla
scena del delitto, durante i rilievi, “dopo la faccenda”. Tra poco, rispondendo
alle domande finali, dirà infatti di essere passato da via Scopeti e di averla
vista bloccata dalle forze dell’ordine che avevano scoperto l’orribile massacro
dei francesi. Era sempre lì, su quella via diretto al bivio di Sant’Andrea. E,
se è come sembra, si ferma a parlare con i carabinieri che stanno facendo i
rilievi sulla piazzola e che non verbalizzano la storia delle recchie dei cani.
TeleMike
Bevacqua prova a tirare le fila della storia. Povero avvocato,
non fa che tirare su nuovi nodi. Vuole sapere qualcosa di più preciso (illuso!)
su questa testimonianza rilasciata ai Carabinieri di Nettuno: quando l’ha fatta
e cosa ha detto.
Sui dettagli Peppe conferma quelli riportati nei verbali letti
dallo stesso Bevacqua oltre al dettaglio delle recchie dei cani.
Sul riferimento temporale di questa testimonianza, di cui non
esiste verbale nè alcuna prova, Bevacqua sa già che non avrà una data certa e
fa come Mike Bongiorno:
“‘90, ‘91 o ‘92”? La busta 1, la 2 o la 3?
La risposta la usano come esempio da manuale al corso per
direttore della CIA:
“‘90-‘91 penso”.
Cioè ha scelto la busta 1 e la 2 ma potrebbe anche essere la
3! Allegria!
La mattina dopo
Il Presidente della Corte invita a chiudere e anche io non ne
posso più dello strazio.
L’avvocato Fioravanti è uno paziente ma vuole un cazzo di
riferimento temporale certo.
Bevilacqua dice che la sera del delitto (che lui non dirà mai
quale essere) ha sentito i cani abbaiare e la mattina dopo ha sentito la
notizia alla radio, prima di riferire l’incredibile storia delle recchie ai
Carabinieri di San Casciano. La cosa strana qual è? Che i corpi vengono
scoperti da un fungaiolo alle 14 di lunedì 9 settembre, quindi Bevilacqua può
aver sentito la notizia alla radio e aver chiamato i carabinieri solo la
mattina di martedì per riferire che la sera prima (lunedì) i suoi cani avevano
abbaiato proprio nell’angolo della rete a 100 metri dalla piazzola degli
Scopeti. O non avevano abbaiato la notte del delitto o Peppe/Pinocchio mente
sul resto. Spudoratamente. Scelgo la busta 2!
Fioravanti ci prova a venire fuori da questa pazzesca
incongruenza e arriva a dargli manforte anche l’avvocato Santoni di parte
civile. Anche lui vuole provare a capire l’incomprensibile.
Ma niente. Non se ne esce. Bevilacqua conferma la successione
degli eventi: la sera i cani abbaiano dalle 23 alle 2 di mattina (3 ore!), la
mattina si sveglia come sempre alle 6.30 per andare al lavoro (poi aggiunge
“Poteva esse mattina, poteva esse un po’ più tardi perché non guarda orologio
ogni volta”), accende la radio, sente la notizia, va al bar a prendere un caffè
e vede via Scopeti chiusa (per via dell’omicidio scoperto). E, se vogliamo
riprendere la ricostruzione fatta all’avvocato Bevacqua, si ferma con le forze
dell’ordine per dire che i suoi cani hanno abbaiato. Se fosse vero, questo
sarebbe potuto succedere solo dì martedì. Se.
Il Mini-Me
L’avvocato di parte civile Colao vuole fare una domanda
sull’altezza. E io lo amerò sempre per questo. Non gli è sfuggito infatti che
il testimone, alto un metro e 82-83 cm, dice che la casacca col naso e la
fronte era alta quanto lui. Ma Pacciani non è mica alto così, sarà 1 metro e 70
al massimo.
Il Presidente non ce la fa più di sentire la storia delle
recchie dei cani e teme si torni a discutere del naso-con-la-fronte. Taglia la
testa al toro e fa una cosa strepitosa: fa alzare Pacciani e Bevilacqua per un
confronto. Ne succedono delle belle.
Quando Pietro e Peppe sono davanti al giudice tutti restano a
bocca aperta: sono identici. Apparte l’evidente differenza di altezza hanno la
stessa corporatura, la stessa forma della testa, lo stesso naso, la stessa
attaccatura dei capelli. È come se Pacciani fosse il Mini-Me di Bevilacqua, o
Bevilacqua il sarcofago egizio di Pacciani, a sua immagine e somiglianza.
“Si assomigliano pure, Presidente” nota subito l’avvocato
Bevacqua.
“Un po’ effettivamente” ammette il Presidente che già aveva
notato nei due la stessa attaccatura dei capelli.
“Molto Presidente!” insiste Bevacqua.
Intanto i due cloni parlano tra loro. Si sente un Giuda di
Pacciani e Bevilacqua che replica qualcosa di indistinto.
Davanti a quella somiglianza strabiliante l’avvocato Bevacqua
si lascia sfuggire una considerazione che sarebbe diventata leggenda se non
fosse stata registrata dai microfoni in aula:
“Fosse lui il mostro!”.
Avvocà, non so che dire. Lo sai che anch’io sospetto che quel naso-coi-capelli Bevilacqua l’abbia visto allo specchio?
* L’articolo della Nazione è del 9/4/1994, a firma di Amadore Agostini
“[…] racconto in parte avvalorato
anche da un funzionario del governo americano, a quei tempi in servizio nelle
zone dell’omicidio di Scopeti. L’uomo, in auto con la moglie, notò una donna
coi capelli corti, scuri, in bikini nero, che prendeva il sole vicino alla
piazzola degli Scopeti. Accanto c’era una macchina con targa francese e una
tenda canadese azzurra. Non riuscì a evitare, per questa sua occhiata
compiaciuta, un rimbrotto dalla moglie. Il giorno dopo l’uomo, stavolta solo,
rivide la stessa donna in compagnia del ragazzo, che facevano colazione accanto
alla tenda piazzata un poco più avanti”
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